«La riforma dell’accreditamento delle scuole di specializzazione di medicina rappresenta l’inizio di una vera e propria rivoluzione culturale in seno al sistema formativo di riferimento per i futuri specialisti». Parla per la prima volta su questo tema Roberto VettorPresidente dell’Osservatorio Nazionale per la formazione medica specialistica, organo tecnico in cui siedono delegati del MIUR, del Ministero della Salute, delle Regioni, della CRUI e delle associazioni dei medici in formazione specialistica. «I nuovi criteri, finalizzati a garantire dei livelli minimi di qualità dell’offerta formativa, sono più stringenti e, a differenza del passato, consentono di monitorare dinamicamente il miglioramento continuo della qualità formativa. Inoltre, le Università superano l’autoreferenzialità su questo tema strategico per il sistema salute, aprendosi in maniera strutturale al contributo delle strutture del Servizio Sanitario Nazionale e integrando le realtà assistenziali più performanti ovvero a quelle più idonee a rispondere ai nuovi bisogni di salute della popolazione».

«Quando la riforma entrerà a regime, è infatti previsto un biennio per consentire alle scuole con documentate criticità, accreditate provvisoriamente, di adeguarsi ai nuovi criteri, a fronte della presentazione di un piano di adeguamento: non avremo più specializzandi di serie A e quelli di serie B. Le università, ad oggi, stanno dimostrando coi fatti di farsi garanti del diritto dei cittadini a essere curati da specialisti adeguatamente preparati a raccogliere le sfide della sanità del futuro. Sebbene talora ci siano alcune fisiologiche resistenze a confrontarsi con un nuovo sistema, mi piace guardare a quanti, anche a mezzo stampa, hanno pubblicamente dimostrato di aver preso coscienza delle criticità per trasformarle in opportunità» continua Vettor.

«Dopo quasi due anni di gestazione questa riforma ha avuto finalmente  il suo avvio. (LEGGI ANCHE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE IN MEDICINA TRA RITARDI E BOCCIATURE: E’ ORA DI FARE CHIAREZZA). La stesura del decreto ha richiesto preliminarmente un approfondito studio di fattibilità, che ha coinvolto tutti gli attori istituzionali ed i portatori di interesse, oltre che due autorevoli agenzie nazionali di valutazione, che hanno messo a disposizione il loro know how ed hanno prodotto delle simulazioni. Inoltre, è stata sviluppata una piattaforma informatica per la gestione dell’intera procedura di accreditamento che ha consentito di ottimizzare i tempi e l’interazione tra Osservatorio ed Università ai fini delle valutazioni. Ma la riforma non si esaurisce qui. Le scuole saranno monitorate nel tempo: l’Osservatorio non ha avuto la pretesa di fare promossi e bocciati, ma di avviare un percorso virtuoso che renderà tanto le scuole di specializzazione quanto i nostri specializzandi competitivi in Europa e nel mondo».

Presidente, quali a suo giudizio le ragioni più evidenti che hanno portato al non accreditamento di 135 proposte di scuole di specializzazione?

«Innanzitutto, una premessa è d’obbligo. Tutte le scuole pre-esistenti, oltre che quelle di nuovo conio, hanno dovuto cimentarsi con i nuovi criteri, a fronte dei precedenti che erano stati concepiti ormai più di due lustri orsono. E, come è noto, in medicina e sanità, tutto è in continuo divenire, dai trattamenti clinici ai modelli organizzativi.  Il Decreto Interministeriale 402 del 3 giugno 2017, varato in maniera meritoria dalle Ministre Fedeli e Lorenzin, introduce nuovi standard e requisiti nonché, per la prima volta, degli indicatori delle performance, con riferimento alla docenza ed all’assistenza. Quello che è oggetto di valutazione da parte dell’Osservatorio è la proposta di scuola e della relativa rete formativa nella sua interezza. Non è detto che una struttura facente capo ad una proposta di scuola non accreditata sia di per sé non adeguata alla formazione. La riforma, infatti, prevede che la scuola offra a supporto della formazione adeguati volumi di prestazioni assistenziali, oltre che di esperienze formative nell’accezione più ampia del termine. E’ previsto, propedeuticamente, anche un accreditamento delle singole strutture ai fini dell’erogazione della formazione, posto in capo al Ministero della Salute, su proposta non vincolante dell’Osservatorio. Anche in questo caso sono i volumi e la complessità della casistica disponibile a fare la differenza. In tal senso è stato di estrema utilità il contributo tecnico offerto dall’Agenzia Nazionale per i servizi sanitari Regionali (AgeNaS), che ha consentito di esplorare tali dimensioni tanto in termini di volumi che di esiti. Ma c’è di più: grazie all’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (Anvur), è stato possibile valorizzare gli indicatori già in uso per l’abitazione universitaria nazionale (ASN) al fine di valutare il corpo docente, universitario e non, nella sua globalità. A tal proposito occorre segnalare come, in alcuni casi, talune proposte di scuole, che presentavano adeguati livelli assistenziali riferibili alla mission formativa, tuttavia, difettavano di un pre-requisito essenziale, ovvero quello della presenza di almeno un docente universitario del settore scientifico disciplinare specifico della tipologia e, pertanto, non è stato possibile accreditarle. D’altra parte, se, ad esempio, si vogliono formare degli specialisti in nefrologia, non si puo’ non avere un nefrologo! Purtroppo, in questo alcune Università, ovvero alcune discipline universitarie, hanno risentito delle limitazioni nel ricambio dei ruoli, ma si spera che ciò possa avviare una seria riflessione al fine di razionalizzare l’offerta formativa che, ad avviso dell’Osservatorio, deve sforzarsi per essere in linea col fabbisogno di professionisti e di profili specialistici espresso dal SSN – dichiara Vettor –. Certamente ogni riforma, per definizione, è perfettibile, ma rispetto al passato è iniziato un percorso innovativo che oggi consente di utilizzare parametri oggettivi e strumenti che consentiranno di effettuare un monitoraggio continuo della qualità della formazione dei nostri futuri specialisti».

Sembra che a fronte di alcune resistenze all’immediata implementazione della riforma dell’accreditamento si possa consolidare un ritardo nell’emanazione del bando di selezione per l’accesso alle scuole di specializzazione. Il 5 settembre i giovani medici scenderanno in piazza per chiedere tanto l’immediata applicazione della riforma quanto tempi certi per le date del concorso e della presa di servizio dei nuovi specializzandi (LEGGI ANCHE SPECIALIZZAZIONI, SIGM: BENE MIGLIORAMENTO SCUOLE MA ORA ACCELERARE. IL 5 SCATTA IL #GIOVANIMEDICIDAY). Ha qualcosa da dire ai giovani medici?

«Un cambiamento porta inevitabilmente ad una trasformazione degli assetti esistenti e quindi resistenze. Fanno bene i giovani colleghi a pretendere standard di qualità formativa che consenta loro di essere sempre più competitivi in Europa e nel mondo. La sostenibilità del SSN pubblico, d’altra parte, passa anche dal contributo dei professionisti. E’ anche comprensibile che gli aspiranti specializzandi chiedano scadenze certe e mi risulta che i Ministeri competenti stiano lavorando in questa direzione.  Ne approfitto, altresì, per ricordare come tutte le istituzioni chiamate in causa abbiano a cuore le sorti dei nostri giovani e spero che non si perda di vista questo obiettivo. Per quel che riguarda i ritardi, tengo a precisare che questi non sono certamente imputabili o ascrivibili  all’Osservatorio, e sono certo che i due Dicasteri di riferimento sapranno recepire le istanze dei portatori di interesse. In questo senso va la modifica del regolamento concernente le modalità di accesso alle scuole di specializzazione che si spera  possa essere registrato dalla Corte dei conti ed essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale quanto prima, tutti passaggi indispensabili alla pubblicazione del bando di concorso». (LEGGI ANCHE SPECIALIZZAZIONI, PARLA IL MIUR: PRONTI PER IL BANDO, MA ATTENDIAMO ACCREDITAMENTI MINISTERO DELLA SALUTE)

Nel decreto 402 si parla di standard europei: secondo la sua esperienza c’è un Paese particolarmente virtuoso che vanta un’offerta formativa completa e che l’Italia può prendere ad esempio?

«Non è che tutto sia oro quello che luccica in Europa, valuti che ci sono anche situazioni meno performanti rispetto all’Italia. Indubbiamente, offerte formative ottimali le troviamo soprattutto in nord Europa ma in Italia documentiamo esperienze che non hanno nulla da invidiare a nessuno, prova ne sia il fatto che i nostri specializzandi sono molto richiesti all’estero. Certo, si può sempre migliorare, in particolare sulla componente professionalizzante della formazione, ed è proprio questo l’obiettivo dell’Osservatorio».

Ministero della Salute e Miur che ruolo hanno giocato nella vicenda rispetto all’Osservatorio?

«Tengo a ringraziare le due Ministre per avere creduto e sostenuto questa riforma. Entrambe sono riuscite ad intercettare il significato profondo di una proposta innovativa che determinerà una svolta importante nel disegno di formazione specialistica in Italia. L’Osservatorio ha offerto un contributo tecnico, ma la parola ultima spetta alla politica. E, in assenza dell’apposizione delle firme sui decreti di accreditamento delle strutture, non sarebbe stato possibile registrare alcun progresso concreto. Mi consenta, in ultimo, di ringraziate gli specializzandi, i docenti e tutte le componenti  che siedono in Osservatorio. Grazie allo sforzo di tutti loro, sarà possibile implementare questa trasformazione».

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